2010 il calcio perugino è costretto a ricominciare dai dilettanti. L’animale continuò a comparire «libero» sul petto delle maglie biancorosse fino al 1996, quando in occasione della prima promozione in Serie A della gestione Gaucci, si decise di dotare il club di un nuovo stemma: stavolta lo storico grifone risultava abbastanza sacrificato all’interno di un piccolo scudetto dai lati obliqui, recante in alto l’anno di fondazione 1905; il tutto era contornato dalla particolare dicitura PERUGIA FOOTBALL CLUB (nonostante il club perugino non avesse cambiato denominazione societaria), inscritta a sua volta dentro una bordatura bianca a tre punte. Tale torneo è diviso in quattro serie nazionali (Serie A, A2 Elite, A2 e B) e tre categorie regionali (Serie C1, Serie C2 e Serie D). Infatti, dal 1974 al 1984 lo stemma foggiano era rappresentato da tre strisce verticali, due rosse esterne ed una nera centrale, sormontata dalla scritta U.S. Uno sponsor tecnico apparve per la prima volta sulle divise del Milan nella stagione 1978-1979, quando, nella trasferta di Ascoli Piceno valevole per la 18ª giornata di campionato, i giocatori scesero in campo con maglie firmate dal trefoil adidas. Amadei nel ’60 fece vendere Vinicio ed acquistare Pivatelli, Baldi, Gratton; nel corso della stagione gli affiancarono come dt un mito, Renato Cesarini.

All’ultima giornata di una stagione contrassegnata da problemi economici sempre più gravi (i calciatori ad un passo dalla messa in mora del club), fu centrata la qualificazione in Uefa. E’ soltanto perché Berlusconi non l’ha più chiamata che lei non è ancora entrato nel club? Il museo trova sede nella ristrutturata casa coloniale chiamata Podere Gignoro. In quel castello dei Borgia ch’era ridiventato il Napoli dimostrò di sentirsi a casa propria l’ultimo venuto. A Napoli erano iniziati i rastrellamenti dei tedeschi, la città risponderà con le «Quattro giornate». Dopo una serie di sconfitte contro Reggina, Catanzaro, Potenza e Casertana la squadra riesce a conquistare quattro vittorie consecutive e a chiudere il girone di andata in piena zona play-off. Di soppiatto arrivò anche a casa Corcione, facendo le scale a quattro per non farsi bruciare sul campo dai fratelli Mercadante che s’erano serviti dell’ascensore per trattare con la vedova del presidente l’acquisto del suo pacchetto azionario. Ferlaino gelò tutti : «Sì, presidente. I soldi li ho cacciati io, il presidente lo faccio io».

Andò al Gallia e dal presidente milanista Riva ebbe per 270 milioni Josè Altafini già promesso da Viani alla Juve per 300 milioni. Poi seppe (dal solito Pesaola) che Sivori, in rotta con Heriberto Herrera, doveva essere ceduto al Varese. Chiappella che tentò di far sbocciare una nuova Fiorentina, Vinicio che praticò per primo un calcio-spettacolo e sfiorò pure lo scudetto, Marchesi mai capace di mettere in pratica la sua concretezza, Pesaola inseguito, conquistato, ripudiato; poi Bianchi e Bigon, i vincenti. S’era messo contro i tifosi per aver venduto, in nome del bilancio, Zoff, Sala, Juliano, Bianchi. I napoletani – nel nostro caso calciatori e tifosi – fecero finta che niente stesse accadendo per non guadagnarsi la scomoda etichetta di disfattisti ed a modo loro credettero, obbedirono e combatterono. Nell’agosto 2011, esattamente durante la gara contro il Beerschot AC, Kawashima è vittima di insulti razzisti da parte dei tifosi della squadra ospite («Kawashima-Fukushima»), e si rifiuta quindi di continuare a giocare. Ad ogni fine di campionato le recriminazioni superavano, però, le soddisfazioni; e Lauro, imperterrito, continuava a rivoltare la squadra, il Napoli era come un grand hotel, chi parte e chi arriva. Anche nella partita seguente il Cagliari fatica, ma riesce a rimontare il doppio svantaggio sul campo del Sassuolo e raccoglie un pari che vale comunque il quarto posto, posizione che propone il Cagliari come vera sorpresa del campionato.

L’Italia divisa in due, gli alleati sbarcati in Sicilia il 9 settembre ’43, il fascismo caduto, era scomparso anche il campionato unico sostituito da tornei a carattere regionale. La notte passata nei ricoveri, il giorno impegnati ad inventarsi come superare le restrizioni delle tessere annonarie i napoletani non potevano certo trarre conforto dai risultati della loro squadra; il decisivo scontro-promozione con il Modena nell’ultima giornata di campionato andò in scena al Vomero, i bombardamenti s’erano accaniti anche sullo stadio Partenopeo rendendolo inagibile. Racconteranno a Lauro anche che ‘a chiattona allo stadio aveva urlato «Robertììì, si’ bello!». Ci volevano quattrini freschi, Lauro a suo dire già creditore di 480 milioni non intendeva sborsarli. Al bar Pippone, in via Santa Brigida, s’era infatti ripreso a parlare di calcio già l’anno prima. Allora via con altri acquisti: lo Stiles bresciano Ottavio Bianchi, il bullo delle notti romane Alberto Orlando, nei piani di Pesaola l’ariete da mandare in area avversaria ad aprire varchi per Altafini, che alle caviglie teneva.

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